La rivista scientifica Blood riporta uno studio internazionale coordinato dall'Istituto oncologico di ricerca sulla tecnologia della ‘biopsia liquida’
La prestigiosa rivista scientifica Blood ha recentemente offerto il palcoscenico a un ampio studio internazionale, coordinato dal gruppo di Ematologia sperimentale dell'Istituto oncologico di ricerca (Ior) di Bellinzona, in collaborazione con l'Istituto oncologico della Svizzera italiana (Iosi) e diretto dal professor Davide Rossi. La ricerca ha sfruttato una tecnologia innovativa: il Dna tumorale circolante (ctDna), noto anche come “biopsia liquida”, per approfondire le caratteristiche genetiche del linfoma di Hodgkin classico. Un tumore, quest'ultimo, che al giorno d'oggi garantisce un tasso di guarigione tra i più elevati, anche se spesso gli effetti collaterali risultano significativi e duraturi, capaci di incidere sulla qualità di vita, soprattutto nei più giovani.
L'applicazione della biopsia liquida permette di analizzare in maniera non invasiva le caratteristiche genetiche della malattia, isolando e sequenziando frammenti di Dna tumorali presenti nel sangue. Una tecnica che ha permesso di identificare due sottotipi genetici distinti della malattia e nuove potenziali vulnerabilità terapeutiche.
La ricerca, inoltre, ha dimostrato che la persistenza di ctDna tumorale nel sangue dopo due cicli di terapia e anche alla fine dei trattamenti, è un indicatore di ricaduta, dimostrando che il ctDna può essere usato per migliorare ulteriormente l’accuratezza della Pet (tomografia a positroni), sin qui considerata lo strumento migliore nel monitorare la risposta alle terapie.
Queste scoperte aprono la strada a trattamenti sempre più personalizzati e rappresentano un passo significativo verso cure più efficaci e mirate, con l’obiettivo di migliorare non solo la sopravvivenza, ma anche la qualità di vita dei pazienti.