Uno studio della Supsi quantifica l’impatto del settore sull’economia ticinese. Tra le sfide principali la concorrenza estera, l’online e la demografia
Un lungo elenco di dati, molti grafici e diverse tabelle. Numeri, quelli contenuti in uno studio della Supsi, che danno l’idea di quanto sia importante il settore del commercio al dettaglio in Ticino. Già, perché l’obiettivo della ricerca realizzata dal professore Carmine Garzia e da Mattia Bedolla – basato sui dati del 2023, quelli più recenti attualmente disponibili – era proprio quello di quantificare il contributo di questo comparto alla crescita economica del territorio. Contributo che si articola attraverso diverse voci: il gettito fiscale, l’occupazione, gli investimenti e le relazioni con i fornitori locali. Contribuito al territorio, ma pure sfide all’orizzonte. Sfide che per il commercio al dettaglio si traducono nella concorrenza del commercio online, controllato prevalentemente da multinazionali americane e asiatiche, e da una dinamica demografica sfavorevole che prevede una crescita piuttosto contenuta della popolazione residente.
“Nel complesso – si legge nello studio realizzato da Grazia e Bedolla – il commercio al dettaglio rappresenta un settore strategico per l’economia cantonale in grado di generare reddito e occupazione, ma anche per il contributo alla coesione sociale, alla formazione dei giovani e al sostegno”.
Il commercio, considerando sia quello all’ingrosso che quello al dettaglio come anche gli autoveicoli e i motocicli, rappresenta l’86,5% dell’intero settore terziario. Afferma lo studio: “Il settore del commercio esercita un’influenza significativa sulla creazione di valore all’interno del territorio di riferimento. Il commercio, oltre a generare occupazione, stimola lo sviluppo di altri settori correlati con l’edilizia e la pubblicità, sostiene i produttori locali e finanzia iniziative volte a rafforzare il tessuto sociale e a favorire il benessere della comunità attraverso il finanziamento di politiche relative alla sostenibilità.
Detto delle note positive, restano diverse sfide all’orizzonte. Alcune fuori dal controllo degli imprenditori. La crescita demografica è scarsa, e questo potrebbe essere un ostacolo. Allo stesso tempo l’aumento della fascia anziana potrebbe far salire, nel lungo periodo, la domanda dei servizi di prossimità, tra cui rientra anche il commercio al dettaglio. C’è però il commercio online, quello attraverso le piattaforme, che si è sviluppato fortemente negli ultimi cinque anni. Per dare un’idea, la cifra d’affari dell’e-commerce in Svizzera è passata da 4’361 milioni nel 2010 a quasi 13mila milioni nel 2024. Questo, affermano i ricercatori, è legato probabilmente anche agli effetti della pandemia che ha spinto consumatori e aziende verso il canale digitale.
Fenomeno irreversibile? Fino a un certo punto. “A partire dal 2021 si assiste a un progressivo rallentamento: il tasso cala drasticamente, arrivando a valori negativi nel 2022 (circa -3%). Questa inversione potrebbe derivare da un effetto rimbalzo, legato al ritorno parziale agli acquisti fisici e alla normalizzazione dei consumi dopo la fase emergenziale”. Insomma, “questo andamento suggerisce che il settore dell’e-commerce stia entrando in una fase di maturità. Le crescite esplosive lasciano spazio a una traiettoria più contenuta ma strutturale, in cui la competitività si gioca sempre più sulla qualità del servizio, sull’efficienza della logistica e sull’integrazione con i canali tradizionali”.
C’è poi la concorrenza dell’Italia. E anche qui la tendenza è poco promettente: i consumatori acquistano nei negozi all’estero in media 5,1 volte all’anno, più spesso rispetto a tre anni fa (nel 2022 erano 4,8 volte). A livello nazionale, i consumatori intervistati dichiarano di acquistare il 34,2% del loro fabbisogno totale nei negozi fisici all’estero. Un fenomeno che in Ticino, non sorprende, è ancora più marcato. Bastano infatti 20-30 minuti di automobile per accedere a un’offerta di beni simile a prezzi però significativamente più bassi.
A commissionare lo studio alla Supsi è stata la Disti, l’Associazione dei Distributori ticinesi, che rappresenta le grandi superfici operanti nel settore del commercio al dettaglio. Disti che ha indicato alcuni punti centrali per il settore. Primo, ed è una buona notizia, il settore dimostra una buona resilienza a livello di numero di imprese e addetti. Il contributo strutturale allo sviluppo economico e al gettito fiscale è quindi rilevante. La demografia sfavorevole, fa sapere la Disti, comporta però una riduzione della domanda. A questa si aggiunge una contrazione dei consumi interni. Il motivo è semplice: il reddito disponibile dei cittadini diminuisce – complice soprattutto l’esplosione negli ultimi anni dei premi di cassa malati – e quindi le persone sono costrette a risparmiare. Questo comporta, e si tratta di altri punti segnalati dall’Associazione, uno spostamento strutturale di una parte rilevante degli acquisti sull’online. Senza dimenticare la crescita del turismo degli acquisti, incentivato dal cambio tra franco ed euro favorevole.