laR+ ‘Tassa sulla salute’

Tre istanze contro il balzello e le sue disparità

La ‘tassa sulla salute’ continua a essere in un vicolo cieco. L’incontro di ieri mattina in Regione Lombardia fra l’assessore Massimo Sertori, fra le cui deleghe c’è anche quella dei rapporti con la Svizzera, e i segretari nazionali dei frontalieri Cgil (Giuseppe Augurusa), Cisl (Marco Contessa) e Uil (Pancrazio Raimondo) non ha sortito gli effetti sperati, lasciando irrisolta la vertenza sul ‘balzello’. La Regione ha confermato l’intenzione di applicare la contestata tassa non appena sarà approvato – verosimilmente nelle prossime settimane – il decreto attuativo in fase di stesura da parte del Ministero della Sanità di concerto con quello dell’Economia e Finanze. Confermato da parte di Sertori anche che la tassazione sarà del 3% e che la destinazione del gettito atteso (90-100 milioni di euro all’anno) sarà nella misura massima del 70% a favore del personale sanitario occupato nella fascia di confine, nella speranza di frenare la fuga in Ticino, mentre il rimanente 30% dovrebbe finanziare un welfare a favore dei frontalieri (non è chiaro in quale forma in quanto ancora da individuare).

Sindacati insoddisfatti: ‘Necessario un approfondimento giuridico’

I sindacati hanno ribadito l’insoddisfazione per i contenuti della comunicazione, evidenziando la necessità di un approfondimento giuridico al fine di comprendere l’applicazione della stessa, fermo restando i dubbi sulla costituzionalità del balzello. Le organizzazioni sindacali hanno inoltre chiesto alla Regione Lombardia di farsi sentire con il governo affinché venga segnalato all’autorità elvetica della ‘tassazione alla fonte’ la corretta interpretazione del decreto omnibus in ordine all’applicazione della tassazione opzionale del 25% (per i lavoratori che dalla provincia di Sondrio lavorano in Ticino). Sul versante del frontalierato, e dei tanti problemi irrisolti, c’è da segnalare che il sempre più diffuso malessere trova conferma non solo nell’azione delle federazioni sindacali di categoria, ma anche dell’Unione frontalieri italiani in Svizzera (Ufis) che nei giorni scorsi ha annunciato l’avvio di tre istanze coordinate a tutela dei frontalieri: “L’obiettivo è contestare le interpretazioni ritenute arbitrarie e discriminatorie del nuovo accordo bilaterale tra Italia e Svizzera, insieme a procedure fiscali e sanitarie giudicate incostituzionali e contrarie ai principi europei di parità di trattamento. Le azioni coinvolgono aspetti sanitari, previdenziali e fiscali che, secondo l’Ufis, stanno penalizzando migliaia di lavoratori italiani impiegati oltreconfine”, si legge in una nota.

Le richieste dell’Unione frontalieri italiani in Svizzera

La prima istanza riguarda la ‘tassa sulla salute’, definita “un prelievo privo di base legale, in violazione dell’articolo 23 della Costituzione e dei principi di non doppia imposizione previsti dall’accordo italo-svizzero sulla nuova fiscalità dei frontalieri”. L’Ufis denuncia anche una disparità di trattamento rispetto ai residenti e una lesione del diritto alla salute, chiedendo l’annullamento del provvedimento e la tutela dei diritti economici e sanitari dei frontalieri. La seconda istanza mira a ottenere il corretto calcolo della NASpI (indennità di disoccupazione), oggi liquidata dall’Inps, l’Istituto nazionale della previdenza sociale, con importi massimi italiani molto inferiori alle retribuzioni svizzere reali. Questo, a detta dell’Ufis, viola il principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione e dai regolamenti europei. L’Ufis chiede quindi un adeguamento immediato e il riconoscimento degli arretrati. La terza azione, invece, riguarda gli acconti Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche) richiesti ai nuovi frontalieri, giudicati sproporzionati e discriminatori rispetto ai lavoratori storici. “L’Ufis – indica la nota – ha ribadito il proprio impegno per una revisione complessiva dell’accordo Italia-Svizzera, ritenendo l’attuale quadro normativo incoerente e lesivo dei diritti costituzionali e comunitari dei frontalieri”.

Ieri Palazzo Lombardia ha inoltre deciso di trasferire a Province e Comunità Montane oltre 14 milioni di euro, somma riferita ai ristorni dei frontalieri relativi all’annualità 2023. Ristorni dei frontalieri che, ricordiamo, nel 2033 sono destinati a scomparire. Per Comuni, Province e Comunità Montane è previsto un fondo finanziato grazie alle tasse dei ‘nuovi frontalieri’, decisamente più alte rispetto a quelle versate dai ‘vecchi frontalieri’. A beneficiare dei ristorni dal Ministero dell’Economia e delle Finanze al Pirellone (la quota più consistente va direttamente ai Comuni che fra i propri residenti hanno un tasso di frontalieri pari al 4%) sono soprattutto le province di Varese (5 milioni e 655mila euro) e Como (4 milioni e 487mila euro). Spiccioli per Sondrio (133mila euro), Lecco (131mila euro) e Monza (1’563 euro). Tre milioni e 370mila euro alle dodici Comunità Montane. di Marco Marelli