Va all'architetta cinese lo Swiss Architectural Award. Mario Botta: ‘Trasforma radicalmente gli spazi e apre nuove prospettive alla disciplina’.
«Quando veniamo invitati a occuparci di un nuovo lavoro, iniziamo dalla ricerca, che parte sempre dalla visita del luogo. Sono diversi gli elementi cui durante il sopralluogo facciamo attenzione: a cominciare dalla sua storia e dall’eredità che ne discende, ma anche alle questioni critiche… insomma è un processo che si avvicina molto alla diagnosi medica. Dopo l’analisi, alle comunità locali e alle autorità portiamo delle proposte per discutere le possibilità, facendo capo anche alle risorse locali che si possono riutilizzare. In questo senso il dialogo è molto importante». Xu Tiantian ha così descritto il processo creativo che coinvolge lei e il suo studio (DnA) ogni qualvolta approcciano un nuovo progetto architettonico. L’architetta cinese è la vincitrice dell’edizione 2022 dello Swiss Architectural Award (come anticipato lo scorso dicembre).
«Il mio lavoro cerca sempre di esplorare la storia locale – ha ribadito –, che è una fonte preziosa, soprattutto nelle comunità rurali della Cina, la cui storia sociale è scritta per diversi secoli dalla cultura agraria, che appartiene fortemente ai luoghi. Il nostro è un processo che non implementa una cultura aliena, ma va ad attingere quindi da quella originaria, che è un incentivo per l’architettura contemporanea», ha continuato sollecitata da laRegione circa l’immaginario socio-culturale ricercato attraverso la sua maniera di fare, la sua concezione.
In occasione della cerimonia di consegna del premio, questa mattina si è tenuto al Teatro dell’architettura di Mendrisio (Tam) un incontro rivolto alla stampa, durante il quale è stato possibile conversare con l’architetta vincitrice e vedere in anteprima la mostra allestita negli spazi dell’auditorio, inaugurata in serata (e in essere fino al 22 ottobre prossimo). L’esposizione propone le fotografie e le schede dei progetti che hanno partecipato al concorso internazionale, che ha cadenza biennale ed è promosso dalla Fondazione Tam, parte dell’Accademia d’architettura e dell’Università della Svizzera italiana.
All’architetto Mario Botta – presidente della giuria, nonché della Fondazione Tam – il compito di chiarire le motivazioni di questo premio deciso all’unanimità da lui e dagli altri giurati: Walter Aragonese (Accademia di architettura); Stéphanie Bru (vincitrice dell’ultima edizione del Premio); Dieter Dietz (Politecnico di Ginevra) e Tom Emerson (Politecnico di Zurigo).
«Questa giovane cinese è stata una sorpresa (Tiantian è stata una dei 26 candidati al premio, selezionati da advisor sparsi in diverse parti del mondo che propongono i nomi al concorso; ndr). Il suo lavoro è un operare commovente e ci dà prospettive e indicazioni per il futuro», ha commentato Botta.
I progetti presentati propongono «trasformazioni radicali, procedendo con il recupero e il riuso, ma di natura sociale, non economica. Xu Tiantian ci ha fatto un regalo, insegnandoci la valorizzazione di un luogo in disuso per un riscatto sociale» e, ha detta dell’architetto, l’Europa – «uno spazio saturo di costruzioni» – ha da trarre ispirazione. Il lavoro di Tiantian è caratterizzato “da una spiccata attenzione al contesto, da un’attitudine precisa e poetica al tempo stesso, e dall’operare al crocevia di scale e temi diversi, tra architettura e infrastruttura, tra permanente ed effimero, tra riuso e intervento ex-novo”, riportava la motivazione scritta.
Natia di Fujian (classe 1975) e fondatrice dello studio di architettura DnA a Pechino, Xu Tiantian da anni si impegna nel processo di rivitalizzazione della Cina rurale, lavorando su più piani – sociale, economico e culturale – e operando per “agopunture architettoniche”.
La parola d’ordine è rivitalizzazione attraverso interventi di valorizzazione, che vengono discussi con le comunità locali: ne sono degli ottimi esempi le tre opere architettoniche selezionate per il concorso che sono site nelle contee di Songyang e Jinyun, una regione rurale della provincia di Zhenjang che si contraddistingue per un paesaggio incontaminato, a rischio però di spopolamento.
Partiamo dalla riqualifica che ha riguardato il ponte Shimen sul fiume Songyn che da luogo di transito è diventato, nel 2016-2017, uno spazio di incontro e integrazione. Di grande efficacia (estetica e funzionale) la valorizzazione della tradizionale fabbrica di tofu nel villaggio di Caizhai (2017-2018): entità economica collettiva e identitaria che, pur mantenendo una parte produttiva aperta ai visitatori, è diventata anche spazio di gioco per i bambini. Terzo progetto visionabile a Mendrisio è l’intervento di riuso delle cave di Jinyun (2021-2022). Si tratta di ampi spazi discontinui (perché scavati seguendo esigenze minerarie) riqualificati, con interventi minimi, che sono oggi un fascinoso luogo pubblico dove si susseguono varie attività culturali.
Informazioni: www.tam.usi.ch.