Neanche Barack Obama e David Letterman si salvano dalla crociata dell'amministrazione Trump contro il dissenso. Dopo aver ipotizzato il ritiro delle licenze alle reti tv "nemiche", il presidente americanosi è spinto oltre e ha definito "illegale" la copertura mediatica negativa nei suoi confronti. Parole che pesano come un macigno sulle aziende media in difficoltà economica e quindi deboli per poter reagire adeguatamente agli attacchi del tycoon e della sua Casa Bianca.
Nonostante sia assente da oltre 10 anni dal piccolo schermo, Letterman - il papà del format del "Late Show" - non è sfuggito all'ira del presidente. Intervenendo a un incontro organizzato da The Atlantic, il "re della commedia", unendosi agli altri showmen che hanno difeso il comico Jimmy Kimmel sospeso da ABC, ha notato come è "ridicolo" andare in giro "a licenziare qualcuno perché si ha paura o perché si sta cercando di adulare un'amministrazione criminale autoritaria. Non funziona così".
Dichiarazioni che gli sono valse la dura condanna di Trump. Il presidente lo ha definito un "sopravvalutato i cui ascolti non sono mai stati un granché" e ha osservato come all'apparenza "sta uno schifo". Pur bollandolo come "perdente", il tycoon gli ha comunque riconosciuto un merito: "Almeno sapeva quando era il momento di smettere".
Contro Obama si è invece scagliata Karoline Leavitt, il volto della Casa Bianca di Trump. "Con tutto il rispetto per l'ex presidente, non sa di cosa parla. Posso assicurarvi" che la decisione di fermare il programma di Kimmel "non è venuta dalla Casa Bianca e che non c'è stata alcuna pressione da parte del presidente degli Stati Uniti", ha detto la portavoce.
Commentando la sospensione di Kimmel, Obama ha parlato di "coercizione governativa" e ha notato come l'amministrazione "sta minacciando sistematicamente azioni normative contro le aziende media a meno che non mettano a tacere o licenzino giornalisti e commentatori che non gradiscono".
L'ex presidente ha quindi esortato le aziende a reagire e non capitolare in difesa del Primo Emendamento. Un invito non facile da far proprio. Walt Disney così come Nexstar, il colosso delle reti tv locali, hanno bisogno del via libera dell'amministrazione per chiudere transazioni a cui stanno lavorando da tempo. ESPN, che fa capo a Disney, dovrebbe infatti acquistare la NFL Network dalla National Football League ma ha bisogno del via libera del Dipartimento di giustizia. Netxstar invece è intenzionata ad acquistare la rivale Tegna per più di 6 miliardi di dollari, in un accordo che richiede il via libera della Federal Communications Commission.
La situazione è particolarmente delicata per Disney e il suo amministratore delegato Bob Iger, tornato alla guida del colosso nel 2022 per restituire un "tocco magico" a Topolino. Su Iger ricade - secondo indiscrezioni - la diretta responsabilità della sospensione di Kimmel, che gli sta costando proteste dai dipendenti in tutti gli Stati Uniti.
Dietro le quinte Disney e gli avvocati di Kimmel stanno negoziando un compromesso che permetta il ritorno in onda del conduttore sospeso a tempo indeterminato per aver suggerito senza prove che il killer di Charlie Kirk veniva dall'universo MAGA. Non ci sono garanzie che si arrivi a un accordo, né è chiaro cosa pensi Kimmel a proposito di quanto sia pronto a concedere per tornare davanti alle telecamere.
Il caso della sospensione inizia intanto a creare tensioni anche fra i repubblicani. Il senatore conservatore Ted Cruz ha criticato i toni del presidente della Federal Communications Commission su ABC, definendoli da "mafioso". E si è detto preoccupato del "precedente pericoloso creato. Lo useranno contro di noi". Un'analisi che non ha trovato d'accordo il presidente, convinto che Brendan Carr sia un "patriota coraggioso".