Vertice informale, dunque senza conclusioni pratiche. Ma i 27 - in realtà 26, perché il premier slovacco Robert Fico manca l'appuntamento - a Copenaghen gettano le basi per attrezzarsi alle crisi di domani, con la guerra ibrida che incombe.
La padrona di casa, Mette Frederiksen, mette in guardia: probabilmente "è solo l'inizio" di una campagna ben più articolata della Russia, che riguarda tutti in Europa, da nord a sud.
I leader, una volta riuniti in conclave (senza telefono), hanno discusso il documento orientativo della Commissione su come rafforzare la difesa comune, dandole il mandato a proseguire il lavoro -- ma sulla proposta del muro anti-drone, benché si registri "sostegno" tra le capitali, manca "l'unanimità".
L'esecutivo Ue, infatti, ha suggerito d'inserire tra "le priorità" dei progetti comunitari il ‘drone wall’ e la Guardia del fianco orientale, che prevede anche infrastrutture fisiche come le trincee anti-carro o le difese marittime.
Stando alla definizione di Palazzo Berlaymont, il muro sarà progettato come "una zona profonda e multistrato" dotata di sistemi tecnologicamente avanzati con capacità anti-drone interoperabili per "il rilevamento, il tracciamento e la neutralizzazione", nonché capacità di colpire obiettivi terrestri sfruttando la tecnologia dei droni per "attacchi di precisione".
Non solo. Dovrebbe anche essere "adattabile" per aiutare ad affrontare collettivamente altre minacce, come "la risposta alle catastrofi naturali, la migrazione irregolare o la criminalità organizzata transnazionale", anche con "diversi centri operativi in tutta Europa" che lavorano in modo integrato. Insomma, buono per tutte le stagioni e per ogni latitudine.
Se, infatti, il muro ha il sostegno degli stati dell'est e del nord, i grandi Paesi sono più scettici. Il presidente francese Emmanuel Macron, pur senza dichiararsi contrario, non ha lesinato l'ironia. "A volte diffido dei termini un po‘ affrettati. Esistono cupole di ferro per gli europei o muri di droni?", ha dichiarato arrivando al palazzo di Christianborg, nel cuore della capitale danese. "Le cose sono più sofisticate, più complesse: abbiamo bisogno di sistemi di allerta per anticipare meglio la minaccia, bisogna svilupparli insieme".
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha invece esortato a mantenere un approccio a 360 gradi poiché "i confini dell'alleanza sono molto estesi, per cui se facciamo l'errore di guardare solo al fianco est e di dimenticare, per esempio, che esiste un fianco sud, rischiamo di non essere risolutivi". Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha del tutto ignorato il tema ma pochi giorni fa il suo ministro della Difesa, Boris Pistorius, aveva bollato il progetto come "non prioritario".
Non a caso, a porte chiuse, Berlino - stando a fonti europee - è stata tra le capitali che hanno espresso delle riserve. I mediterranei, invece, se da una parte hanno riconosciuto che ora come ora le minacce vengono dall'est, dall'altra hanno chiesto che le loro aziende facciano parte della partita. Perché alla fine c’è anche un tema di risorse e di questo si parlerà più avanti.
In generale, però, le capitali hanno riaffermato quanto la difesa sia di competenza degli Stati e hanno chiesto di rafforzare il ruolo dei ministri della Difesa, coordinati dall'alto rappresentante Kaja Kallas. Bene dunque il ruolo della Commissione ma senza strafare. L'altro tema in agenda, il sostegno all'Ucraina e il possibile uso degli asset russi immobilizzati come garanzie per prestiti colossali a Kiev fino a 140 miliardi di euro, è stato compresso all'osso, rimandando la discussione al prossimo vertice.
Kallas non ha nascosto lo stato dell'arte: "Non tutti gli Stati membri sostengono la proposta, c'è ancora molto lavoro da fare". Il Belgio, ad esempio, è contrario e lo ha ribadito a Copenaghen. Ma la realtà resta amara: Kiev ha bisogno di molti soldi e l'Europa non ne ha.