In attesa che Hamas si pronunci sul Piano Trump per la fine della guerra a Gaza, la portavoce della Casa Bianca Caroline Levitt ha dichiarato in un'intervista a Fox News che "il presidente traccerà una linea rossa per la risposta dell'organizzazione terroristica". E ha aggiunto: "Speriamo e ci aspettiamo che Hamas la accetti".
Messaggio chiaro. Il gruppo non ha ancora fornito una risposta ufficiale, ma attraverso diverse fonti ha fatto sapere che le posizioni interne non sono univoche.
Secondo la Bbc, "i mediatori hanno contattato il capo dell'ala militare che ha affermato di non essere d'accordo con il nuovo documento di cessate il fuoco. Si ritiene che Izz al-Din al-Haddad creda che sia stato concepito per porre fine a Hamas, indipendentemente dal fatto che accetti o meno la proposta americana, ed è quindi determinato a continuare a combattere".
Fonti palestinesi hanno fatto sapere ad Al Arabiya che le fazioni armate di Gaza "vogliono chiare garanzie dell'impegno di Israele a un cessate il fuoco, e collegare il rilascio degli ostaggi al calendario del ritiro dell'Idf". Un'altra informazione riferisce invece che la decisione 'positiva' potrebbe essere comunicata a breve ma saranno chieste diverse modifiche.
Il Qatar intanto ha contattato gli Stati Uniti per modificare alcuni punti: in particolare i tempi del ritiro dell'esercito dalla Striscia, il disarmo e le garanzie di sicurezza dopo l'eventuale esilio della leadership. Tra gli emendamenti anche le 72 ore per rilasciare gli ostaggi vivi: "Difficile rintracciare i loro carcerieri".
Ma questa volta Hamas non ha più spazio per richieste e strategie. A sostenerlo restano solo l'Iran e alcune piazze occidentali. I Paesi arabi e musulmani appoggiano il programma americano. Tutto è cambiato in pochi minuti il 10 settembre. Quando Israele ha attaccato la leadership di Hamas a Doha notificando all'emirato che non ci sono confini che impediscano di colpire i capi dei terroristi. Il Qatar ha visto i 12 missili dell'Idf arrivare senza che il sistema di difesa americano (gli Usa hanno nel Paese la loro più grande base militare nell'area) sparasse neppure un intercettore. Le sirene d'allarme nella capitale sono rimaste mute.
Difficile che i radar statunitensi non abbiano tracciato l'attacco. Senza dichiararlo ufficialmente, Doha ha lasciato trapelare di ritenere che gli Usa sono stati "un attore" del raid. Tre giorni fa Trump ha raggiunto la quadratura del cerchio con una disposizione a sorpresa: ha accolto sotto l'ala militare degli Stati Uniti il Qatar, pubblicando un ordine esecutivo che ordina di considerare qualsiasi attacco armato al Qatar come "una minaccia alla pace e alla sicurezza degli Stati Uniti". Un impegno di notevole importanza che lega la monarchia del Golfo a doppio filo agli americani per la sua sicurezza (gli affari sono un'altra storia).
Doha ora sa di non poter continuare a giocare su più tavoli rispetto a Gaza, come ha fatto finora. Gli altri due Paesi che ospitano membri dell'organizzazione terroristica, Egitto e Turchia, stanno facendo la loro parte, con un pressing mai visto prima, affinché il progetto di Trump venga accettato. Il ministro degli Esteri egiziano Badr Abdellaty ha dichiarato giovedì che il Cairo sta collaborando con Doha e Ankara per convincere Hamas ad accettare e porre fine al conflitto: "Ci stiamo incontrando con loro. Ci stiamo coordinando con il Qatar e la Turchia", ha detto Abdelatty.
Erdogan, che ha elogiato gli sforzi del presidente Usa per raggiungere la fine della guerra, ha inviato a Doha il capo dei suoi servizi segreti per i colloqui. L'Europa appoggia il piano. "Hamas ha una responsabilità molto pesante per la catastrofe vissuta dai palestinesi. Ha perso. Deve accettare la propria resa", ha dichiarato il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot dall'Arabia Saudita.
Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani nell'informativa in Senato ha spiegato: "Ho parlato ieri con il ministro degli Esteri turco e sono convinto che Hamas accetterà il piano ma chiedendo alcuni chiarimenti correttivi", ha detto. Sono ore di attesa, in Israele e a Gaza.