Lecornu dopo Lecornu: al termine di una settimana di psicodramma politico, la Francia torna al punto di partenza. Il presidente Emmanuel Macron ha nuovamente nominato Sébastien Lecornu come primo ministro, dandogli ''carta bianca'' per formare un nuovo governo.
"Accetto - per dovere - la missione affidatami dal presidente della Repubblica di fare tutto il possibile per dotare la Francia di un budget entro fine anno e di affrontare i problemi quotidiani dei nostri connazionali", ha scritto Lecornu sulla rete sociale X subito dopo la riconferma. "Farò di tutto per riuscire in questa missione: dobbiamo porre fine a questa crisi politica, che sta esasperando il popolo francese, e a questa instabilità, che è dannosa per l'immagine della Francia e per i suoi interessi".
Questo obiettivo, avverte tuttavia il premier dimessosi appena lunedì scorso e nuovamente incaricato cinque giorni dopo, "può essere raggiunto solo a determinate condizioni, traendo le dovute conclusioni dalle ultime settimane. Tutte le questioni sollevate durante le consultazioni condotte nei giorni scorsi saranno aperte al dibattito parlamentare: deputati e senatori potranno assumersi le proprie responsabilità e i dibattiti dovranno essere portati avanti fino in fondo. Il risanamento delle nostre finanze pubbliche rimane una priorità per il nostro futuro e la nostra sovranità: nessuno potrà sottrarsi a questa necessità. Tutte le ambizioni sono legittime e utili, ma chi entra a far parte del governo deve impegnarsi a svincolarsi dalle ambizioni presidenziali per il 2027. La nuova squadra di governo deve incarnare il rinnovamento e la diversità delle competenze".
L'uomo che meno di una settimana fa aveva presentato le dimissioni al presidente torna quindi a Matignon, residenza ufficiale del primo ministro del governo francese, ma la strada è tutta in salita. "Una vergogna democratica, un'umiliazione", tuona il presidente del Rassemblement National (RN, estrema destra), Jordan Bardella, annunciando la sfiducia al nuovo governo. Sfiducia annunciata anche da La France Insoumise (LFI, letteralmente La Francia indomita, è un movimento politico di sinistra radicale) che torna ad invocare le dimissioni di Macron. Il leader di LFI, Jean-Luc Mélenchon, parla di "ridicola commedia", mentre il portavoce dei socialisti assicura che non c'è "alcun accordo di non censura'' al momento con il neopremier incaricato.
L'annuncio dell'Eliseo è arrivato al fotofinish, allo scadere delle 48 ore che lo stesso Macron si era dato per trovare una soluzione, e al termine di una giornata di frenetiche consultazioni con i leader dei partiti, fatta eccezione per il RNdi Marine Le Pen e LFI di Mélenchon.
Più passavano le ore, più l'opzione della coabitazione con la sinistra sembrava sfumare. Uscendo dall'incontro con Macron la leader ecologista, Marine Tondelier, si era detta "sbalordita" per l'esito dei colloqui: ''Usciamo dalla riunione senza alcuna risposta su niente, se non che il prossimo premier non sarà del nostro campo politico". "Finirà malissimo", ha proseguito, pronosticando una possibile "dissoluzione" dell'emiciclo. Stessa delusione dal segretario socialista, Olivier Faure.
Sfumato dunque anche il nome del centrista Jean-Louis Borloo, 74 anni, circolato nelle ultime ore, che sarebbe potuto piacere al presidente di Les Républicains (LR, centro-destra), Bruno Retailleau, in quanto "né di sinistra né macroniano". Ma, durante le consultazioni, Retailleau avrebbe detto a Macron che il "blocco comune" in sostegno al campo presidenziale "è morto" domenica sera con il deragliamento del primo governo Lecornu.