Austria, Paesi Bassi e Finlandia chiedono che l'UE sia più incisiva nella lotta contro l'immigrazione illegale. I rispettivi ministri dell'interno si sono espressi prima dell'apertura dei lavori, oggi, del Consiglio europeo degli affari interni a Lussemburgo.
"È ormai chiaro a tutti che l'Europa deve diventare più robusta e dura nella lotta contro la migrazione illegale", ha dichiarato il ministro degli interni austriaco, Gerhard Karner, all'arrivo alla riunione.
"Questo significa anche procedere con rimpatri coerenti di criminali e irregolari, anche verso paesi come Siria e Afghanistan", ha sottolineato, aggiungendo che "oggi discuteremo proprio delle espulsioni verso la Siria" e che "sono convinto che presto anche altri Stati membri seguiranno l'esempio dell'Austria".
Karner ha ricordato che Vienna è riuscita "per la prima volta dopo 15 anni" a rimpatriare detenuti verso Damasco, e che illustrerà ai colleghi europei "come ci siamo riusciti". Il ministro austriaco ha inoltre chiesto di creare centri di rimpatrio fuori dall'Europa, sostenendo che "serve fare progressi con il regolamento sui ritorni, perché è necessario e ridurrebbe la pressione migratoria sull'UE".
Sulle proposte di riconoscimento reciproco dei provvedimenti di espulsione, Karner ha espresso cautela: "Ogni proposta che renda più efficace il rimpatrio dei criminali mi va bene, ma bisogna valutarne la praticabilità. Le priorità restano i rimpatri verso Siria e Afghanistan".
Quanto al meccanismo di solidarietà europea, ha aggiunto: "Non è oggi in discussione, ma per l'Austria la solidarietà deve essere flessibile e tener conto di quanto il paese ha già fatto per anni, più di molti altri".
"Le persone a cui è stato negato l'asilo e che non hanno diritto di restare in Europa devono lasciare l'UE", ha dal canto suo dichiarato il ministro degli esteri e per l'asilo e la migrazione olandese David Van Weel, pure lui all'arrivo al Consiglio europeo, riferendosi al nuovo progetto dei Paesi Bassi con l'Uganda per creare un "hub di rimpatrio".
"Chi viene respinto spesso non coopera con il ritorno nel proprio paese - ha spiegato - e fa di tutto per rinviare il momento della partenza. L'Uganda diventerà un centro di transito dove potremo inviare queste persone, da cui poi potranno essere rimpatriate nei loro paesi d'origine".
Secondo Van Weel, "il messaggio è chiaro: una volta che la domanda di asilo viene respinta, bisogna davvero lasciare l'UE. È un segnale importante a tutti i richiedenti asilo: o l'asilo viene concesso, o si deve partire".
Interpellato sulle garanzie relative ai diritti umani nel centro ugandese, il ministro ha assicurato che "i Paesi Bassi resteranno coinvolti nella gestione, in cooperazione con l'Organizzazione internazionale per le migrazioni e l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), per garantire che le condizioni rispettino gli standard sui diritti umani applicati anche nei Paesi Bassi".
Il riconoscimento reciproco delle decisioni di rimpatrio "non dovrebbe essere obbligatorio. Dobbiamo fare in modo che non abbia effetti perversi" ed "evitare che i paesi che hanno un carico così elevato a causa della seconda immigrazione ne diventino vittime", ha dichiarato la ministra belga per l'asilo e la migrazione, Anneleen van Bossuyt.
"Non è solo una questione di costi - ha spiegato la ministra - ma deve anche essere fattibile per ogni paese". Quanto al pool di solidarietà previsto nel Patto per l'asilo e la migrazione, il Belgio contribuirà "con mezzi finanziari a condizione che ci sia anche responsabilità da parte di tutti gli Stati membri", ha sottolineato van Bossuyt.
"Ci sono diverse possibilità per dimostrare solidarietà. E noi, come Belgio, sceglieremo di farlo con contributi finanziari. Quindi, poiché il nostro sistema di accoglienza è pieno, mostreremo la nostra solidarietà con mezzi finanziari e in questo modo, potremo anche aiutare gli altri paesi a trovare soluzioni strutturali", ha spiegato la ministra, sottolineando l'importanza che "la Commissione europea riconosca l'onere sproporzionato che stiamo affrontando".
"Non abbiamo ancora preso decisioni" sul meccanismo di solidarietà previsto nel Patto dell'UE per la migrazione, "ma ovviamente non accetteremo migranti da altri Stati membri", ha affermato la ministra dell'interno della Finlandia, Mari Rantanen.
Quest'ultima ha poi sottolineato l'importanza di "iniziare una discussione sul ritorno" dei rifugiati siriani con Damasco e "cominciare da coloro che hanno commesso crimini e che rappresentano una minaccia per la sicurezza degli Stati membri".
Quanto alla proposta di direttiva sui rimpatri e al punto più controverso, quello del riconoscimento obbligatorio delle decisioni di rimpatrio, Rantanen ha detto: "Ci sono delle cose che occorre sistemare", ma "è ovvio che se uno Stato membro ha preso la decisione di rimpatriare, non è molto saggio ricominciare tutto da capo negli altri Stati membri. Quindi dobbiamo trovare un modo efficace per farlo, senza troppa burocrazia e senza perdere troppo tempo".