Washington sollecita Tokyo a ridurre la dipendenza energetica dalla Russia per limitare il sostegno economico alla guerra in Ucraina.
Gli Stati Uniti hanno chiesto al Giappone di interrompere le importazioni di risorse energetiche dalla Russia. La richiesta è stata avanzata dal segretario al Tesoro americano, Scott Bessent, durante un incontro a Washington con il ministro delle Finanze giapponese, Katsunobu Kato. L'amministrazione Trump intende rafforzare la pressione sugli alleati per ridurre la capacità economica di Mosca di finanziare la guerra in Ucraina.
I media giapponesi riportano che Bessent ha espresso l'auspicio che Tokyo cessi l'acquisto di gas naturale liquefatto (GNL) russo, invitando il Paese a non sostenere indirettamente lo sforzo bellico del Cremlino attraverso l'importazione di combustibili fossili.
In un post su X, Bessent ha lasciato intendere che la questione sarà probabilmente al centro del prossimo viaggio del Presidente Donald Trump in Giappone, previsto per la fine del mese. Oltre al tema energetico, i due funzionari hanno discusso altri aspetti della cooperazione economica bilaterale, tra cui l'aumento degli investimenti giapponesi nei settori strategici statunitensi, come previsto dall'ultimo accordo commerciale tra i due Paesi.
L'incontro tra Bessent e Kato si è svolto a margine delle riunioni autunnali del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Nonostante la pressione internazionale contro la Russia, il Giappone partecipa a due grandi progetti di estrazione e fornitura energetica sull'isola russa di Sachalin, considerati fondamentali per la sicurezza energetica del Paese, poiché assicurano forniture stabili a medio-lungo termine, coprendo circa il 9% delle importazioni giapponesi di GNL.
Pur sostenendo le sanzioni occidentali contro la Russia, il Giappone ha concordato che alcuni aspetti del progetto Sakhalin-2 siano esentati o gestiti in modo da non interrompere subito le forniture, per garantire la continuità energetica. Dopo le sanzioni, la Russia ha nazionalizzato le società operatrici dei progetti, costringendo gli azionisti stranieri, incluso il Giappone, a riaccettare le condizioni del Cremlino per restare. Secondo gli analisti, un'eventuale uscita del Giappone da Sakhalin potrebbe favorire l'ingresso di capitali cinesi nei progetti, con forniture considerate più economiche e sostenibili a livello ambientale rispetto al GNL statunitense.