Il presidente argentino punta a controllare inflazione e dollaro in vista delle elezioni di medio termine
"Tenere sotto controllo il prezzo del dollaro e l'inflazione ad ogni costo" fino alle elezioni politiche di medio termine del 10 ottobre. Questo è l'ordine impartito dal presidente argentino Javier Milei al suo staff economico nel contesto di forti tensioni nei mercati alimentate, nelle ultime settimane, da una crescente incertezza sul risultato elettorale.
La stabilità macroeconomica e principalmente la riduzione dell'inflazione, passata dal 200% annuale all'attuale 36%, hanno costituito fino ad oggi il principale driver politico che ha sostenuto il governo nonostante l'applicazione di un durissimo programma di tagli alla spesa e di aggiustamento fiscale.
Ma a poco più di un mese dall'importante appuntamento elettorale dove si rinnoveranno un terzo dei seggi della Camera e del Senato l'esecutivo si trova adesso in affanno non solo sul fronte economico, ma anche su quello politico e dell'immagine.
La forte ascesa del dollaro rispetto al peso iniziata a luglio e proseguita per tutto agosto con un incremento complessivo di oltre il 10%, ha messo in allerta l'esecutivo su un possibile travaso dalla svalutazione all'inflazione inducendo le autorità ad applicare una forte stretta monetaria che ha messo l'attività economica in uno stato di "stand-by" fino ad ottobre.
L'obiettivo dichiarato del Tesoro oggi è quello di "prosciugare la piazza di pesos" che possano riversarsi sulla domanda di dollari. Per questo nell'ultima asta per il rinnovo di titoli in scadenza per circa 5 miliardi di euro sono state offerte emissioni con rendimenti fino al 75% e per questo il governo ha ordinato alle banche di portare il livello delle riserve obbligatorie oltre il 50%.
Il presidente Milei ha giustificato l'applicazione di tassi di interesse che hanno un rendimento pari al doppio dell'inflazione e che deprimono l'attività economica sostenendo che sono adeguati al livello di pericolo che rappresenterebbe un ritorno del kirchnerismo al governo. "Il rischio K" lo ha definito, paragonandolo a "uno scenario da fine del mondo".
Ma i mercati prestano attenzione adesso anche alla recente offensiva dell'opposizione in Parlamento. Se nel primo anno Milei aveva dimostrato di poter allineare le volontà del Congresso pur disponendo di uno sparuto manipolo di rappresentanti, nelle ultime votazioni alla Camera e al Senato le truppe ultraliberiste sono finite in schiacciante minoranza su progetti che - secondo il governo - andrebbero ad intaccare il principale caposaldo del programma economico, l'equilibrio fiscale.
È come se ad investire Milei fosse un vero e proprio tornado. Nelle ultime settimane è scoppiato anche uno scandalo che intacca un altro dei principali attivi elettorali del leader ultraliberista: l'essere un outsider venuto a rottamare la casta politica corrotta. Negli ultimi giorni infatti i media sono pieni di virgolettati di registrazioni in cui il direttore dell'Agenzia nazionale per i disabili (Andis) - l'ex avvocato del presidente, Diego Spagnuolo - denuncia un giro di mazzette nelle milionarie gare d'acquisto di medicinali. Un caso che lambisce il nome della sorella del capo dello Stato, Karina Milei.
L'inquilino della Casa Rosada afferma però che un successo alle elezioni di ottobre sgombrerà l'orizzonte da ogni nube sui mercati, permetterà il ritorno a tassi d'interesse compatibili con l'attività economica, e consentirà portare avanti le riforme liberali su fisco e lavoro. I sondaggi in vista delle politiche indicano ancora una buona tenuta del partito di governo, La Libertà Avanza, ma resta l'incognita e settembre rischia di essere il mese più lungo dall'inizio del mandato di Milei.